CARAVAN 2
Caravan n.2.
Giochi di potere. Prove tecniche di controllo estremo. Strategia del
terrore. Gulag mobile. Mentale prima ancora che fisico.
Terapia dello shock.
La ribellione, ce lo dice l'anteprima del prossimo albo, ci sarà:
anche il ghetto di Varsavia infine si sollevò. Per ora il trauma
prevale, le psicologie sono spezzate, e laddove siano lucide sono -
giustamente - terrorizzate dall'ignoto. Ma ancor più dal noto: il
fatto evidente che chi è preposto a difendere, invece offende. Il
mendacio della propaganda e della retorica provoca disorientamento in
chi improvvisamente ne realizza la slealtà.
Nelle mani di un disegnatore che sapesse meglio interpretare le
sottigliezze psicologiche e narrative di una sceneggiatura ansiogena e
destabilizzante l'albo sarebbe stato eccezionale. Stefano Raffaele è
un disegnatore onesto, che certamente non sfigura la storia né fa
perdere l'atmosfera presaga che la attraversa venandola di forti
inquietudini. Però non è un virtuoso del pennello in grado di offrire
uno sguardo che esalti quelle atmosfere portandole al massimo del loro
potenziale.
Fattori sia fisici che metafisici concorrono a creare l'inquietudine.
Fattori molto materiali, come la presenza invasiva e violenta
dell'esercito; il controllo ossessivo degli elicotteri silenziosi come
rapaci notturni; il campo di concentramento Alfa 6 dove vengono
ovinamente radunati gli abitanti di Nest Point; la carovana. Fattori
più sfumati, come la spoliazione del potere politico rappresentato nel
sindaco Banks da parte dei soldati. Fattori eminentemente spirituali,
siano essi il senso terrifico e orrorifico dell'ignoto oppure il venir
meno delle coordinate psicologiche che costituiscono la normalità
della (nostra) routine; o ancora la disperante consapevolezza (del
lettore) della facilità irrisoria con la quale un gruppo umano, non
importa quanto grande, può essere privato della propria libertà,
condotto dove si vuole e a fare ciò che si vuole. La programmazione
mentale a cui siamo tutti sottoposti dal giorno della nostra nascita
ci viene qui mostrata nella sua piena efficacia.
I temi secondari, dalla storia di Stagger alla finissima
rappresentazione del conflitto generazionale tra Massimo e Davide, si
innestano bene nella cornice di questo psicodramma dell'inquietudine.
Questa metafora del nostro mondo di cui siamo sempre più espropriati;
di come sempre più veniamo inabilitati ad agire consapevolmente e
liberamente.
E' con una scrittura elegante e misurata, magnificamente controllata
nei suoi effetti, che Medda ha saputo e potuto costruire e
"visualizzare" questa architettura opprimente e disperata. Non sarà
facile impresa tener fede alle premesse poste in questo albo, ma se
sarà così...
V.