Mi accorgo che, preso da tante cose, non ho mai parlato del sor Mercurio. Ed è strano, perchè la sto ammirando come opera, ma non riesco a innamorarmene. Ed è ri-strano, perché Mercurio in certo senso mi somiglia.
Forse è solo il meta-lettore che è in me, abituato a ragionare sul contorno, che vorrebbe trovare il consueto conforto nell'intuire dove la serie voglia andare a parare, quali strade prenderà, così ondivaga e jazzante, tra autoconclusività degli episodi e trame di più lunga gittata: ma finora tutto ciò gli è risultato (piacevolmente) impossibile.
Perchè Bilotta è giunto alla maturità e sta *davvero* dando il bianco, portando volentieri i lettori in territori che a molti sembreranno inesplorati, non convenzionali. E lo sono: per l'ambientazione e per lo stile lieve, sì, ma soprattutto per il bagaglio di tecniche narrative che sta impiegando - e anche per quelle che NON sta impiegando (per dire: nessuna differenza grafica tra piani temporali diversi, né didascalie). Una performance sopraffina che, se continuerà su questi livelli, lo porrà definitivamente sulle mappe: un nuovo faro, una consolazione per un fumetto italiano disperamente bisognoso di medicamenti di questo tipo. E i disegnatori, pur con piccole oscillazioni e scontando l'effetto omogeneizzante e livellante dei colori (comunque validi), sono finora tutti all'altezza del compito.
Però ho due grosse perplessità su questioni collaterali, se vogliamo "metodologiche"
La prima è una mancanza: data l'ambientazione, trovo che il romanesco, almeno un po', ci starebbe benissimo. E una volta tanto non sarebbe a puro scopo comico. E invece nulla: un italiano elegante, ironico, meditabondo, che qui e là echeggia costrutti del passato, perfetto per il protagonista e per Ottone e per la pagina di introduzione all'albo; ma dal suono troppo neutro, se non eccessivamente forbito, se messo in bocca a personaggi chiaramente popolani. Ma mi rendo conto che, in casa Bonelli, usare il romanesco vorrebbe dire infrangere un tabù enorme, più grande persino di altri (il dare del voi, le parolacce) poi allascati negli anni.
L'altra è una preoccupazione, un'ansia: quanto piacerà, una scrittura così raffinata, per molti versi spiazzante, al grande pubblico - bonelliano e non? E quanto a lungo? Anche perché si tratta di una serie aperta e non di una miniserie. La romanitas così peculiare reggerà, o ci saranno svolte geografiche in giro per l'Italia risorgimentale?
Curiosità, curiosità.
Sash